D’Avenia o lo specchio della vita
di Antonio Stanca
Dal 2010, da quando aveva cominciato ad insegnare Lettere presso il Collegio “San Carlo” di Milano, Alessandro D’Avenia ha pure iniziato a scrivere di narrativa.
Nato a Palermo nel 1977, si era laureato in Lettere Classiche alla “Sapienza” di Roma e fino al 2004 aveva svolto un dottorato di ricerca a Siena. Si era mosso, poi, tra teatro e cinema finché nel 2010 non aveva esordito come scrittore. Bianca come il latte,rossa come il sangue, il suo primo romanzo, era stato un successomondiale: tradotto in ventidue lingue, aveva registrato moltissime copie vendute. D’allora D’Avenia ha continuato a scrivere riscuotendo altri successi. Cinque sono fino ad oggi i suoi romanzi e intanto svolge l’attività d’insegnante, collabora con alcune testate giornalistiche riguardo ai problemi dei giovani moderni e si applica alla sceneggiatura compresa quella relativa al film ricavato nel 2013 dal primo romanzo. Quest’anno l’opera ha avuto un’altra edizione edi nuovo per conto della Mondadori di Milano nella serie Oscar Absolute. Di giovani essa tratta epresso i giovani è stato registrato il maggior numero dei suoi lettori. Così pure per gli altri romanzi del D’Avenia che, quindi, come scrittore, come giornalista e come insegnante ai giovani rivolge la maggior parte della sua attenzione, ai loro problemi, ai loro costumi, ai loro modi di pensare, di fare, di parlare, a tutto quanto, musica, auricolari, Internet, bevute, motorini, è venuto a far parte oggi della loro vita comprese naturalmente la famiglia e la scuola.
In Bianca come il latte, rossa come il sangue D’Avenia scrive di una lunga storia d’amore tra due ragazzi, Leo di sedici anni e Beatrice di diciassette. Frequentano la stessa scuola ma diverse sono le loro classi. Lei è bellissima, tanto bella che Leo si è innamorato appena l’ha vista. D’allora vive pensando soprattutto a lei, si sente forte, sicuro nel corpo e nello spirito, pronto ad affrontare qualunque ostacolo, qualunque pericolo pur di stare con lei. Si tratta, però, di un amore, di una passione che sta vivendo da solo, nei suoi sogni. A lei lo dirà solo quando si saprà che soffre di una grave malattia dalla quale è difficile guarire. Sarà allora che Leo andrà a trovarla e le dichiarerà il suo amore. Beatrice sarà contenta, si sentirà sollevata, lo inviterà a tornare e comincerà tra loro un rapporto fatto di visite sempre più lunghe, di interessi sempre nuovi, un rapporto che non sarà solo d’amore ma anche di altri sentimenti, di altri pensieri. Grazie ad esso Beatrice sembrerà che stia per salvarsi dal pericolo che corre ma non sarà così. Morirà e Leo si vedrà solo, senza il suo maggiore riferimento, la sua fondamentale ragione di vita.
A farlo riemergere dall’abisso nel quale è sprofondato interviene Silvia, compagna di classe, amica e rifugio, riparo ad ogni suo problema, sollievo ad ogni suo tormento. Travagliata era stata la vita di Leo: irrequieto nel carattere, instabile nelle convinzioni, incostante nelle applicazioni si era rivelato. La madre non era servita a molto, non era riuscita a fare quanto Silvia o quanto avrebbe potuto fare Beatrice. Ed è ancora Silvia ad intervenire dopo la sua morte. Lo farà nei modi di sempre, con la dolcezza, la bontà, la partecipazione, l’affetto di semprefin quando quella partecipazione, quell’affetto non diventeranno amore, amore di lei e di lui, sentimento unico nel quale entrambi si ritroveranno egrazieal quale finiranno di stare soli.
Una favola sembra ma è soltanto una storia che veramente può accadere. La storia della formazione di un ragazzo, della sua educazione alla vita, del processo attraversato prima di diventare adulto, prima di imparare cosa, come fare.
Un romanzo di formazione quello del D’Avenia, un esempio tra tanti altri passati e presenti.
A cosa, dunque, il clamore che ha suscitato? Dove la sua singolarità?
Nell’aver rappresentato il mondo dei giovani d’oggi lasciandolo procedere da solo, senza quasi intervenire, trasformandolo in una serie infinita di immagini, di scene nelle quali ogni personaggio ha le sue ragioni e quelle segue. Un quadro, uno specchio della vita dei nuovi giovani ha voluto essere l’opera e questo spiega come soprattutto essi siano statii suoilettori.
D’Avenia è riuscito ad essere naturale, autentico. È uno degli effetti maggiori che uno scrittore può ottenere: scomparire nella propria opera come se si fosse fatta da sola, come se avesse le proprie ragioni, le proprie espressioni, come se le sue verità superassero quelle del suo autore.
Antonio Stanca
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