Sulle antiche e nuove muse
di Marcello Buttazzo
Ho fatto un sogno. Sfogliavo vecchie lettere d’amore, e ti dicevo: “Cara amica delle notti leggiadre, ricordi il colore, il sapore delle stelle?”. Le stelle erano accese, dai tetti di casa tua sorridevano con denti di perle e di serenità. Ricordi la notte nella tua stanza marina? Tu carezzavi la vita, annullavi le distanze, scioglievi ogni nodo insoluto. Eri affidabile, accogliente, desiderabile. Un’amante delicata, pudica e provocante, un sentiero inoltrato nelle vie del cuore. Nei capelli avevi le brezze e un nido di uccelletti canori. Ricordo ancora l’estate indimenticabile e i suoi fragori di fiamma. Fragori scoppiettanti, ardenti, che bruciavano di te. Colori splendenti, rilucenti, di amore solo amore, e della tua bellezza composta, austera, elegante. Come un ricercatore del sommerso ancora continuo a scandagliare le venule della vita, quelle chiare. Come un esploratore dell’esistente mirerò di continuo al sole che s’accende, alla passione imprigionata, che da sempre esplode in milioni di baci, di carezze e di abbracci. In questa odierna stagione, inseguirò muse con gli occhi di mare e di cielo, come il pensiero arguto, come un oceano sconfinato. Ho sognato (e non è solo un sogno) di avere messo da parte, per sempre, ogni rabbia, frustrazione, solitudine, stanchezza. Ho sognato, parimenti, adesso, proprio adesso, di far prevalere sempre la gioia, l’eterna corsa, sventando il bello, l’accorato, il giusto. Attualmente, l’amore erompe, mi bussa, mi sconvolge, mi travolge, mi impregna le dolenti ossa. Perché mai maledire il Cielo, che vedi lontano, inaccessibile, straniero? Sappiamo bene, noi anime indocili, che a volte abitiamo una terra estranea, che può anche essere scostante. Gli antichi amori lasciano il posto alle nuove, belle muse. E, forse, dentro di te un’unica grande donna s’agita da sempre, come prototipo di sentimento straziato. Giorni sereni e cuore ammarrato, porta la nuova musa. Nelle sue mani intrecciate, le distanze annullate, le paure crocefisse, al lume d’un’idea. Tu, donna di virtù, sei terra rossastra, di zolle assolate, gioia, pianto. Sei volo di bianche colombe, sei pace ritrovata. Quieta incanti gli eterni posatoi. Sei tempo d’un pensiero ardito, che elettrizza la fantasia. Navighi di continuo sul tuo battello ebbro d’amore. A te ho sognato di scrivere una dolce lettera per dirti: beata la terra che riceve il tuo passo, il tuo passo felpato e veloce, scattante come gazzella, come puledrina che spariglia l’ovvio e l’ordinario, che fa del giorno un susseguirsi di secondi eterni. Beata la terra che giornonotte ti ospita nel suo utero di grande madre. A te musa dei giorni presenti, vorrei mandare letterine, come dono di sillabe e speranze. Come specchio d’una anima- la mia- che percorre un tempo stretto. Un tempo ferito, di lacerate corde. Sempre ad ogni donna amata scriverò versi e lettere d’attesa, perché non è vero che le lettere d’amore fanno solo ridere. “Solo chi non ha mai scritto lettere d’amore fa veramente ridere”.
Marcello Buttazzo
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