Una società che ha smesso di amare
di Elio Ria –
L’odio dilagante nelle forme di compulsione e di ossessione di una società che ha smesso di amare.
Perché l’odio? Perché in quantità eccessive? Quale utilità?
L’odio esprime ripugnanza, ostilità verso le cose e gli altri. Si concretizza in tutte le forme: violenza verbale e corporale, calunnia, disprezzo delle regole, ingiuria.
Perché in questa nostra società non ne possiamo fare a meno e siamo chiamati (?) a concretizzarlo in atti e omissioni di principi?
Perché coglie l’indifferenza di molti nella sua manifestazione di nuocere, far male, infliggere sofferenza?
Odiamo poiché ormai siamo incapaci di vederci e vedere gli altri con il dovuto rispetto per le loro idee, il loro modo di vivere. Odiamo perché l’altro non è come noi vorremmo essere e ci dà rabbia per la nostra mancanza di volontà ad adempiere alla ragione di essere. Odiamo perché, in fondo, questa pratica risulta più facile, più immediata, non ha bisogno di un’attenta analisi psicologica, è alla portata di mano e nell’immediatezza dà ristoro alla nostra incompiutezza, al nostro modo di essere superficiali, senza fondamenti di valori.
L’odio perviene e si esplicita allorquando non vi è una sana costituzione di educazione, di igiene mentale, di competenza a vivere nella vita. È un virus che moltiplica cellule nevrotiche di metastasi in connessione con i punti centrali della nostra identità. Pare che vi sia un’educazione all’odio, allo spergiuro, sui social e su ogni mezzo propagandistico. Questa società non accetta di buon grado le persone perbene, ma neanche le persone ‘normali’; l’autorevolezza è intesa come un privilegio di chi la possiede e quindi va combattuta a viso aperto. Vige un principio di omologazione all’odio e all’imperante desiderio (comando) di intervenire, di disquisire su tutto con commenti spalmati con l’olio dell’odio e della vendetta. L’incontro dialettico non serve, è preferibile lo scontro con sciabolate di parolacce e di cattivi auguri.
È necessaria una nuova salute mentale: un’educazione al prudente rispetto dell’altro, di chi ha le sue ragioni di vedere le cose prospetticamente da un angolo diverso; ma soprattutto ci vuole cultura, istruzione, volontà ad acquisire competenze, passione per l’uomo, per la scienza, per l’arte. L’odio distrugge l’oggetto odiato, lo rende ‘minore’ in una condizione psicologica di abbattimento, di frustrazione imposta per recidere le forze vitali dell’identità.
È davvero una strana società la nostra: dove i profeti non si contano allo stesso modo in cui è impossibile definire di quanti granelli è composto un mucchio di sabbia, ma ci perdiamo a contare gli immigrati e alimentare quell’odio razziale erpetico che, dietro false dichiarazioni, si nasconde come un serpente velenoso. Odiamo tutti: gli immigrati, i ricchi, i professori, gli scienziati, i filosofi, gli scrittori e infine più di tutti, o meno di tutti, i politici. Odiamo perché non abbiamo più la voglia di superare la soglia della mediocrità e nell’odio esprimiamo le nostre debolezze. Non abbiamo più la voglia di andare oltre, nel recinto dell’odio ci sentiamo protetti, perché dunque provare a migliorare le proprie condizioni esistenziali, professionali, lavorative, quando c’è questa forma di accomodamento semplice e gratuito dell’odio che ci mette in pace con noi stessi. L’assunzione di odio è somministrata giornalmente, in ogni momento, superando anche le dosi massime.
Non amiamo, non tendiamo le mani agli altri e qualora dovessimo farlo è solo per una questione di facciata; già perché qui si presenta un altro problema, la falsità, che aggiungendosi e mescolandosi con l’odio dà in forma semplificata di medicinale di ‘superbia’. E la superbia è sintesi del nostro essere ‘nani’, incapaci di formulare abbracci di cultura e di sana convivenza.
Riflettiamo un po’! E proviamo a tendere una mano, un sorriso, un abbraccio all’altro, che certamente ricambierà.
Elio Ria
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.