Piantedosi, un carico residuale
di Marcello Buttazzo –
Nei pressi della costa di Crotone, l’umanità in fuga piange dolore e ha trovato la morte in un utero di mare. Uomini, donne e bambini disperati che non meritavano la cupidigia senza fine dei trafficanti di esseri umani. Parimenti, ingenerose e senza alcun senso logico sono state le dichiarazioni sventate del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. I flussi di chi scappa da guerre, persecuzioni etniche, devastazioni ambientali, nera miseria, continueranno ad avvenire nonostante le eventuali misure restrittive di qualche governante. Non è alzando muri d’ogni tipo che si disciplina la questione dei migranti. I politici dei vari schieramenti su quest’ultima tragedia del mare stanno litigando ampiamente. Ancora una volta, mi sento di condividere pienamente l’analisi umana del presidente della Cei cardinale Matteo Zuppi: “Ci vogliono scelte consapevoli ed europee. Quelli che sono affogati avevano diritto, diritto ad essere accolti, scappavano da una guerra, la maggior parte di loro probabilmente erano afghani”. L’”Osservatore romano” è stato chiaro: “Chi lascia il proprio Paese lo fa perché non ha alternative, perché la sua stessa vita è a rischio”. E molto appropriata è la proposta del giornalista Antonio Padellaro: “Quello che va cambiato innanzitutto è il linguaggio. Dobbiamo affrontare il problema”. Tempo fa, il ministro Piantedosi definì i clandestini “sospesi” in mare come “carico residuale”. Sono definizioni volgari e inaccettabili. La stessa lotta demagogica e senza confini di Meloni e di Salvini contro gli indesiderati clandestini dovrebbe trovare toni più concilianti. L’ex ministro dell’Interno Salvini, nell’estate del 2019, definì la comandante della Sea Watch Carola Rakete con termini irriferibili, come “zecca”, “delinquente”, “capitana fuorilegge”, “potenziale assassina”, “ricca e viziata comunista tedesca”, “sbruffoncella”. La Giunta delle immunità del Senato ha riconosciuto a Salvini lo scudo dell’immunità per l’accusa di diffamazione aggravata e continuata nei confronti della comandante Rakete. Sarebbe opportuno più che mai, come ritiene Padellaro, che tanti politici imparassero a maneggiare un linguaggio meno maldestro e più rispettoso degli esseri umani.
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