“Paura e Colpa”, la politica giallo-verde
di Luigi Mangia – Il PD, il 30 settembre, manifesterà in piazza a Roma per dire: io non ho paura. Il vocabolario della politica si è caricato di forza, straordinaria fortemente avuta nel passato remoto. Oggi quel tempo ritorna: da Gabriele D’Annunzio a Benito Mussolini; da Guglielmo Giannini a Beppe Grillo; da Luigi Di Maio a Matteo Salvini. Nella comunicazione del Governo giallo-verde, ci sono due parole: paura e colpa, che hanno una forza da macchina da guerra, i cui risultati sono straordinari nella realizzazione del consenso. Nelle cronache politiche di ogni giorno, ci sono paginate ricche, dove il Governo martella l’opinione pubblica che tutte le colpe sono dei governi precedenti. Rievocare la colpa senza cercare il colpevole è più forte di quanto voler negare il pane a chi non vede per la fame.
Ci sono scaffali delle biblioteche pieni di libri della storia pedagogica della politica populista del governo dei popoli secondo la forza convincente del principio di colpa degli altri.
L’altra parola che declina il sovranismo è quella della paura del diverso. L’extracomunitario: negro, marocchino, algerino, etiope non è lo straniero o il viaggiatore; il suo volto è quello del vagabondo, dell’uomo che delinque, che disturba, che causa disagio sociale, che provoca insicurezza personale. La politica è stata incapace di affrontare il movimento migratorio, e la sua risposta infatti è stata quella di islamizzare le periferie delle città. Anche questo fenomeno sociale è nei libri di storia. Il diverso deve stare fuori le Mura, non deve partecipare alla vita della città e la città deve difendersi dai vagabondi, i quali sono pericolosi e in particolare devono essere tenuti lontani dai cittadini richiusi ed emarginati.
Il sovranismo è una forma di corporativismo sociale costruito su valori tradizionali lontani dai valori sociali. Durante la campagna elettorale, Matteo Salvini, giurava davanti alle folle fedeltà al Vangelo e faceva vedere in tasca il Rosario. Fecero così anche i governi reazionari e sovranisti nell’Ottocento politico europeo i quali furono sconfitti dalle rivoluzioni sociali promosse dal basso.
La storia è scritta per non essere dimenticata.
Il PD dal 2008 ha avuto inizio la sua grande crisi: da 12 milioni di voti è finito per avere 6 milioni. Questi numeri non misurano solo la perdita elettorale, ma più ancora, la sfiducia delle classi popolari verso le classi dirigenti del PD. Il PD è diventato una rete di oligarchie di gruppi locali di potere ed il partito ha scelto il salotto buono delle città, le zone ztl, dimenticandosi delle periferie, dove la crisi colpiva e faceva molta sofferenza sociale. La solitudine, il disagio, l’abbandono sociale sono forme di vita facilmente esposte al veleno della paura ed al rancore del sentimento di colpa. Per superare la difficile crisi serve un dibattito attrezzato, ben preparato, e democratico la cui strada è un Congresso vero finalmente libero dalle correnti e dalle cene di salotto.
Domenica, non diciamo solo che non abbiamo paura, diciamo forte, con tutte le forze che abbiamo di voler essere ancora PD e che vogliamo trovare il popolo che ci ha abbandonato per continuare in politica ad avere ancora come guida le parole della Costituzione a partire da quella del lavoro.
Luigi Mangia
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