di Marcello Buttazzo –

Papa Francesco che sale, sotto una fitta pioggia, da solo, fin sul sagrato della Basilica di San Pietro con una piazza inverosimilmente vuota, ha attratto, in televisione, per la diretta di venerdì scorso, 17 milioni e mezzo di italiani. In tanti siamo saliti sulle spalle d’un uomo fragile, ma forte. Credenti, diversamente credenti, agnostici. Tutti eravamo presenti in quella piazza deserta. Tutti abbiamo inteso il vuoto, il silenzio, la preghiera. Una preghiera accorata rivolta a Dio, da parte d’un uomo di fede, un Papa di strada, a nome di tutti, per chiedere la conclusione della pandemia causata dal coronavirus. In questo tempo confuso e doloroso, ci arrivano opinioni varie, notizie scientifiche, cifre sconfortanti, indicazioni da seguire. E dentro di noi navigano paure, preoccupazioni, desolazioni, smarrimenti. Nessuno che fino a venerdì scorso ci abbia dato un conforto autentico e vibrante. Il Santo Padre lo ha fatto. Ci ha preso tutti sulle sue spalle. Ha preso sulle sue spalle tutta l’umanità sofferente. Un uomo claudicante s’è preso cura di noi. Lo scrittore Francesco Ognibene sostiene: “Ci ha spiegato con parole e gesti che più di tutto oggi abbiamo bisogno di dare un senso a ciò che sta succedendo e che cambia la nostra intera vita”. Avevamo intimamente bisogno d’un incontro con un uomo come Francesco, che ha saputo dare risposte dirimenti alle nostre ansietà. La tempesta turbolenta smaschera e rende nuda la nostra vulnerabilità e lascia scoperte e inconsistenti le false sicurezze. Il nostro padre Bergoglio ci ha detto: “È il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è”.

Marcello Buttazzo