di Antonio Bruno Ferro –

A proposito delle indicazioni dei criteri di “capacità gestionale “di Massimo Bray

È così, si ascolta, si scrive e poi si riflette su ciò che si è ascoltato e scritto. Nel suo libro “Alla voce cultura”, edito dall’editore Manni di San Cesario di Lecce, Massimo Bray afferma che siccome lo Stato deve gestire in prima persona i nostri beni culturali, è di fondamentale importanza, anzi direi essenziale, che il “gestore”, scelto dai politici, sia competente.
Chiunque è d’accordo che a gestire una qualsiasi attività debba essere chiamata una persona “competente”. E allora perché c’è questa richiesta se dovrebbe essere naturale effettuare la scelta secondo questo criterio?
Perché i politici sono LIBERAMENTE OBBLIGATI alla scelta che ha come unico criterio, il numero dei voti che otterranno per il loro partito o per la loro persona, proprio scegliendo per la gestione di un Ente o Azienda pubblica, quella determinata persona.
Il successo di un politico è sintetizzabile nell’ottenimento di voti per essere eletto o rieletto in competizione con altri politici che desiderano la stessa identica elezione.
Sino a quando questa cultura, ovvero la cultura della competizione, non verrà abbandonata è improbabile che i politici possano scegliere in base al solo criterio della capacità gestionale.
Tuttalpiù il politico potrà operare la scelta di una persona a cui affidare la gestione, che possieda sia la possibilità di ottenere voti per il partito del politico e per lui stesso, che la capacità che questa persona ha nella gestione di una Ente o Azienda.
Un politico che intende continuare a fare quell’attività NON È LIBERO DI SCEGLIERE. La riprova viene dalla circostanza che Massimo Bray non faccia più il politico.
C’è infine da prendere atto che Massimo Bray, sempre nel suo ultimo libro, chiede che la sinistra metta in pratica questo criterio perché ciò la farebbe tornare ad essere ciò che era in origine.
Mi permetto di affermare che né la sinistra né la destra, o una qualunque forza politica, che si candida alle elezioni con la fiducia di ottenere l’elezione di suoi uomini, possa applicare il criterio di scegliere la persona che meglio sa gestire, senza lasciarsi influenzare dai voti degli elettori che questa persona può dirottare verso la forza politica e il politico che effettua la scelta.
Né gli elettori esigono dalle forze politiche l’applicazione di tale criterio, perché se così fosse, Massimo Bray sarebbe stato interessato a continuare nella esperienza che, invece, ha deciso di interrompere. Massimo Bray non è l’unico ad aver abbandonato l’attività politica; per le stesse ragioni ce ne sono stati tanti altri, che gli elettori ben presto hanno dimenticato.
Inoltre mi sento di affermare, senza timore di essere smentito, che nella cultura della competizione i politici di ogni tempo non hanno potuto effettuare le scelte seguendo il criterio della persona più adatta per le sue comprovate capacità relative alla gestione di una qualunque attività pubblica. Sempre nella cultura che viviamo oggi, ovvero quella della competizione, le elezioni non vedono prevalere i più adatti alla gestione della cosa pubblica. È sotto gli occhi di tutti come sia sempre più diffuso il disinteresse, delle persone competenti con comprovata esperienza, a essere candidate alle elezioni di qualunque consesso pubblico dal Condominio alle Nazioni Unite.
Solo abbandonando la cultura della competizione, ovvero solo se tutti i rappresentanti scelti dagli elettori saranno governatori collaborando per la realizzazione del bene comune, quindi senza più distinzione tra “Governo” e “Opposizione” il criterio del “più adatto alla gestione” potrà essere applicato. Solo così si attiverà la fiducia tra tutti i cittadini, solo così non ci sarà più chi esercita il dominio attraverso il potere e chi lo subisce sottomettendosi.
Antonio Bruno Ferro