di Antonio Stanca –

Introdurre lo studio della Filosofia negli Istituti tecnici compresi quelli a indirizzo professionale è una delle novità più recenti per i prossimi anni scolastici. Naturalmente sta facendo discutere perché non si può essere tutti d’accordo su un provvedimento che vuole aggiungere la spiegazione, lo studio, l’apprendimento di una disciplina altamente umanistica in un contesto impostato in modo completamente diverso. Sia per chi la insegna sia per chi la studia significa assumersi un compito particolare, estraneo all’ambiente. Già soffrono in queste scuole l’Italiano, la Storia, la Geografia, la Religione, le materie, cioè, non riducibili agli schemi delle altre, ai loro modi di essere spiegate, ascoltate, studiate, imparate quando non applicate. Con la Filosofia ci sarebbe il problema di un’altra disciplina diversa e di quanti ne verrebbero a contatto. Nella polemica, però, c’è chi difende l’ampliamento culturale che lo studio della Filosofia procurerebbe ai giovani, lo sviluppo delle loro capacità di pensiero, di giudizio, del loro spirito di osservazione. Non tiene conto che si tratterebbe di un pensiero, un giudizio, un’osservazione diversi da quelli che nell’ambiente sono richiesti. Altre sono le direzioni verso le quali i ragazzi di queste scuole sono chiamati e non li si può distogliere con una che non rientra. Li si potrebbe confondere, sviare tenendo conto che il loro orientamento è altro. Un’imposizione, una forzatura potrebbe risultare lo studio di una disciplina non scelta, non gradita. Ad un rifiuto si potrebbe andare incontro.

Riguardo poi all’ampliamento di prospettiva culturale tanto auspicato per i giovani d’oggi lo si potrebbe ottenere in modo più semplice, più naturale soffermandosi ad arricchire le discipline umanistiche, Italiano, Storia, Geografia, Religione, alle quali così poco spazio è dedicato nelle scuole tecniche. Aumentando questo spazio, aggiungendo quanto finora è stato trascurato, gli interessi degli studenti crescerebbero ed anche le loro capacità d’intendere, osservare, valutare. Potrebbe servire a tal fine un Italiano non ridotto all’autore e alla sua opera ma comprensivo dei tempi, dei luoghi, degli eventi che intorno a loro si sono verificati. E pure per la Storia, la Geografia, la Religione, non ci vorrebbe molto per procurare a chi ascolta, a chi segue, anche tramite ricerche, una visione più completa, più articolata, per farlo sentire vicino a personaggi d’eccezione, partecipe di avvenimenti determinanti per l’intera umanità. Una trattazione più specifica per materie che già studiano farebbe sì che anche quei giovani acquisissero certe qualità senza uscire dal loro ambito.

Basterebbe operare al meglio in ogni scuola per formare i giovani al completo. Questo, tuttavia, rimane da noi un problema sempre attuale poiché è successo, soprattutto in Italia, che nonostante i tempi siano andati avanti la scuola non li abbia seguiti. Tutta la scuola italiana, quindi, non una parte di essa avrebbe bisogno di provvedimenti, di aggiornamenti. Tutta dovrebbe saper trasmettere una preparazione completa. In una società dove uguali, comuni sono diventati gli interessi, i mezzi, i modi per vivere non ci può essere una scuola superiore che separa chi può da chi non può ma una che unisce, che annulla le differenze e rende tutti i giovani capaci di quanto serve per la vita che verrà.

Antonio Stanca