di Marcello Buttazzo

Da sempre l’associazione “Scienza & Vita” e una parte del composito mondo cattolico ribadiscono la pregnanza e il significato dell’obiezione di coscienza relativamente all’aborto. Giuristi, medici e bioeticisti cattolici rivendicano non solo le motivazioni religiose e antropologiche alla base d’una decisione dirimente, ma anche “ragioni laiche”. L’indomito Carlo Casini ritiene che “riconoscendo per legge l’obiezione di coscienza, lo Stato continua ad indicare la vita come valore civile supremo e fondativo dell’ordinamento”. Le tematiche eticamente sensibili, di inizio e di fine vita, sono molto delicate, un terreno sdrucciolevole. Pluralismo dei punti di vista vuol dire legittimare delle molteplicità. Il rispetto doveroso della cultura, dei valori e dei principi peculiari dell’altro, non ci deve esimere però da alcune considerazioni. Più dell’80% dei ginecologi italiani è obiettore di coscienza. Da tempo, in diverse strutture ospedaliere del nostro Paese, succede che manchino i medici in grado di applicare correttamente la 194. Purtroppo, da noi, ancora oggi, tante donne (soprattutto straniere) sono talvolta costrette a ricorrere a perniciose pratiche di aborto clandestino o all’acquisto di farmaci non controllati trovati al mercato nero, per mancanza di personale idoneo ad eseguire l’erogazione d’una prestazione sanitaria. Però lo Stato deve permettere il pieno e regolare espletamento dell’attuale legge sull’interruzione di gravidanza.

La libertà di scelta della donna, in un’ottica di etica pubblica, deve essere comunque garantita. Ogni struttura sanitaria pubblica dovrebbe avere sempre operativo personale qualificato non obiettore. Nonostante tutto, negli ultimi anni, i dati del Ministero della Salute sulle interruzioni volontarie di gravidanza sono parzialmente rassicuranti: in Italia, si abortisce meno che in altri Paesi europei. Il tasso di abortività resta ancora molto alto nelle cittadine straniere: forse, una saggia e capillare informazione contraccettiva può solo giovare. Sulle principali questioni eticamente sensibili la morale laica e l’etica tradizionale collidono, sono su posizioni antitetiche, inconciliabili. Purtuttavia, il metodo laico del dialogo presuppone, per una vasta cittadinanza, di approdare qualora fosse possibile, a rudimenti d’una bioetica quanto meno parzialmente condivisa. Perfino le riflessioni sull’aborto, tema scottante, possono strutturare un fruttuoso terreno di confronto fra cattolici e laici. Da più parti, c’è la consapevolezza che una campagna comune, su alcuni aspetti, fra “abortisti” e antiabortisti sia finanche possibile. Un processo di “apprendimento complementare” è auspicabile, perché non c’è ferita più sanguinante che l’incomunicabilità e la preventiva demonizzazione dell’interlocutore. Le posizioni etiche possono anche dividere, epperò si può tentare su un piano squisitamente politico di individuare un ambito di minima intesa.

L’aborto è sempre un dramma, un trauma, che la donna vive sul suo corpo dilacerato. Ci chiediamo: esso è un diritto fondamentale? È complicato dare definizioni nette: di certo, tutti dovremmo avere il buon senso di comprendere il dolore della donna, dovremmo avere la pazienza di rispettare sempre l’autodeterminazione e l’autonomia morale femminili. I vari approcci culturali devono essere molto accorti e misurati, condotti senza esasperazioni ideologiche. Su questo tema occorre delicatezza, discernimento, dal momento che tutelare la vita umana è una spiccata attitudine di tutti. È atteso soprattutto un maggior impegno programmatico delle istituzioni per contenere l’aborto: necessitano mirati interventi socio-economici, con lo scopo di favorire lo sviluppo, la crescita della cittadinanza, le pari opportunità, per garantire il controllo di alcuni parametri. Ogni antropologia di riferimento non si deve ripiegare su se stessa, ma deve gettare ponti di comunicazione con l’altro da sé. Serenamente, però, si può notare che l’attuale legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza è un ottimo baluardo, un efficacissimo strumento a salvaguardia della donna. Come, del resto, si può osservare come la diffusione massiccia dell’obiezione di coscienza rappresenti un grave oltraggio all’integrità femminile.

Marcello Buttazzo