di Marcello Buttazzo

Il mondo ferito e le sue contraddizioni. Guerre fratricide, cruente, belluine, insanguinano varie contrade. Conflitti etnici, religiosi, di potere. Terrorismo che dilaga dappertutto. Migranti ridotti a merce da scafisti senza scrupoli traversano il mare nostro dell’incerta ventura. In modo abnorme, in alcune città ( Treviso e Roma), c’è chi organizza chiassose proteste di intolleranza contro gli ultimi del mondo, non graditi sull’italico suolo. Lo sfruttamento economico dei Paesi ricchi a detrimento di quelli poveri è una regola umiliante e costante. L’ecosistema Terra è devastato quotidianamente dalla mano antropica e invasiva dell’uomo. Intanto, in Italia, nei nostri mari meridionali, le voraci internazionali multinazionali petrolifere, appoggiate dal governo Renzi di larghe intese, investono miliardi nelle trivellazioni. La Terra è fuori dai gangheri. Popolazioni intere soffrono la fame, mentre pochi personaggi noti ed eletti stringono fra le loro avide mani buona parte della ricchezza del pianeta. Ma non si può ammainare bandiera. Denunciare è un dovere morale, come fa, ad esempio, Papa Francesco, che biasima ripetutamente la pervicacia dei potenti e la cosiddetta “cultura dello scarto”. I governi democratici dovrebbero agire pragmaticamente per ridurre le diseguaglianze, le sperequazioni sociali. Dovrebbero adoperarsi per contenere la miseria e per eliminare le sacche di esclusione sociale. Noi cittadini possiamo fare una semplice considerazione di carattere generale, che esula dai disastri globali. La Natura, nonostante ciò che appare, non è solo rovina, caduta, frana che trascina verso il basso. L’umanità non è solo male, perversione, cattiveria, protervia. Noi uomini, pur nelle ricorrenti emergenze, dovremmo trovare un attimo per rallentare e mirare il cielo, per soffermarci sul senso struggente e aranciato d’un tramonto, sugli arabeschi rosei e tenui d’una alba al mare, sulla meraviglia d’un viso di bimbo, sulla tenerezza d’una ruga di vecchio. Monsignor Gianfranco Ravasi, che di bellezza s’intende, tempo fa scriveva: “A volte più che un mondo nuovo, c’è bisogno di occhi nuovi per guardare il mondo”. La nostra sensibilità, la fragilità, la visione e l’interpretazione delle cose della vita possono essere dirimenti, rivoluzionarie. Avremmo bisogno di più letizia, di maggiore soavità e leggerezza. Di venustà. Il poeta Ennio Cavalli ripete che per essere ritenuti poeti “non è importante scrivere poesie, ma guardare la realtà con occhi da poeti”. In questa società frammentata, caotica, c’è bisogno davvero di più poesia. Chi contempla la vita con animo pacificato e dolce, scorge soprattutto armonia, grazia, anche nel dolore e negli inevitabili affanni dei vari accadimenti.

Marcello Buttazzo