Mauro Marino

È avvilente tornare alle urne; tornarci per le Amministrative nel giorno del voto per l’Europa, è ancora più avvilente, visto il clima politico, il livello del dibattito ridotto a sproloquio, la caratura della “rappresentanza” in campo: quella più verde che gialla, ahimè, con l’indice di gradimento più alto, certo non brilla per lucidità politica, visione e prospettiva e gli omologhi locali non esprimono alcuna novità proni alla logica machista del più forte.

Ma torniamo a Lecce, è necessario farlo! Ritrovare l’entusiasmo non è facile, significativa, ma troppo breve, è stata la stagione dell’Amministrazione guidata da Carlo Salvemini e Alessandro Delli Noci per valutare quanto abbia inciso sulla sensibilità dei cittadini, sul presente e sul destino della città. Più forte – nel senso comune – pare rimanere il “giogo” della lunga stagione precedente titolata ai tornaconti elettorali, all’iniquità di misure adottate per favorire la clientela.Ce lo raccontano i contratti della Lupiaeequiparati a quelli del commercio e non – come doveva essere (ed oggi è) – ad una società multiservizi; l’orrida questione delle case popolari;il privilegio del “passo carrabile” senza pagar tassa; i beni culturali abbandonati e mai messi a norma e chissà quant’altro…

La domanda è: i leccesi avranno compreso ciò che è accaduto nel breve tratto segnato dalla giunta di Salvemini e Delli Noci? L’hanno percepito? C’è stato un cambiamento? O i tentativi fatti, quelli avviati e quelli realizzati sono caduti nell’indifferenza della consuetudine cittadina, nella medietà stanca e svogliata dei leccesi, attenti solo alle consuetudini dei riti individuali e familiari in una città che stenta (da sempre) a percepirsi come comunità?

Ecco, la vera novità della visione espressa da Salvemini e Delli Noci è proprio nel concetto di comunità. Due città si sono confrontate nella scorsa tornata elettorale: quella che nello stare insieme, nell’incontro ha espresso il desiderio e la prospettiva programmatica per il cambiamento e quella che, nel grande e piccolo privilegio da tutelare, si è arroccata in un ideologismo senzacostrutto e senza “visione”. Del resto, anche Adriana Poli Bortone, proponendo nei giorni scorsila sua candidatura a Palazzo Carafa, ha sottolineato come le giunte di centrodestra espresse dai suoi “figliastri” non abbiamo mai avuto una “visione” complessiva della città, ma la senatrice dimentica che lei, pur avendola una visione (Lecce Porta d’Europa), governando non l’ha mai realmente socializzata e condivisa con i cittadini, imponendo scelte che spesso più che valorizzare la città l’hanno mortificata nella sua vocazione, una per tutte: il “modernissimo” e costosissimo filobus che segna con il suo inutile impianto le vie cittadine.

Il tempo di Salvemini e Delli Noci non è stato un “tempo triste” come spesso – scordando le categorie della critica politica – ha affermato Paolo Perrone (dimenticando che il suo forse è stato un po’ troppo “allegro”). Quello della Giunta dimissionaria è stato un tempo che ha ancora bisogno di tempo per scrostare i sedimenti di anni e anni di cattiva politica e per dare fluidità ad una amministrazione vocata al continuo confronto con la cittadinanza nel perseguire il cambiamento e una diversa qualità della vita e delle relazioni nella città. Lecce, può diventare una grande città, solo mettendo da parte l’arroganza, tutta provinciale, della “leccesità”, se comprende pienamente la sua vocazione di capoluogo al di là della presunzione di poter bastare a se stessa. È utile, oggi, pensare a come la comunità che ha sostenuto Salvemini e Delli Noci possa allargarsi, possa coinvolgere sensibilità e nuove energie nell’operare per il bene comune. Da qui, da questo margine,mantenendo vivi i valori millenari che da sempre hanno ispirato la nostra terra,possiamoesprimere una diversa immagine dell’Italia e dell’Europa, rilanciare la speranza per ritrovare il senso dell’essere cittadini nella condivisione e nella solidarietà, aperti, ospitali capaci di essere liberi da ogni soggezione, di ragionare e di scegliere per l’oggi e per il futuro.

Mauro Marino – La Gazzetta del Mezzogiorno 23 gennaio 2019