di Paolo Vincenti –

Il risultato elettorale italiano ha sovvertito le vecchie gerarchie politiche, ribaltato gli equilibri della Seconda Repubblica e forse porterà il Paese ad entrare nella Terza Repubblica, seppur lontana ancora all’orizzonte. Ma per ricostruire, bisogna prima demolire tutto. E le macerie sono quelle dell’ingovernabilità, delle secche in cui la nave Italia si è incagliata, senza nessun timoniere in grado di portarla fuori, per il momento. Dunque ci toccherà passare attraverso le forche caudine di un governo dei populisti, fumo negli occhi per i vertici europei. Passare, in altre parole, attraverso un governo Cinque Stelle o un governo Lega Nord, che sono le due forze piazzate in testa alle audizioni del “ di tanto peggio Di tanto Maio”, ai bootcamp del  “non so ma però”, ai live show del “si Salvi(ni) chi può”. Conosciamo tutti l’ “ante Factor”: la rabbia ed il disgusto della gente e la crisi di rappresentanza dei partiti. Ma non sappiamo immaginare come sarà l’“extra Factor”. Il problema è che nessuna delle due forze di maggioranza relativa può comporre un Governo se non con l’appoggio di altri gruppi parlamentari, mancando i numeri per essere autosufficienti.

Più che mai centrale diventa il ruolo del Presidente Mattarella. Sergio il grigio dovrà prendersi una grossa responsabilità stavolta, non potrà nicchiare come fino ad ora ha fatto, assecondando la propria natura di becchino. Se non ci sarà l’accordo, come pare, fra una delle due forze in campo con un altro gruppo parlamentare, dovrà tentare un governo del Presidente, cosa che lo vedrà salire la scala reale del protagonismo, dalla quale se ne era controvoglia sceso il suo predecessore, King George the Neapolitan.

Maggioranze possibili, maggioranze impossibili, maggioranze variabili e maggioranze futuribili, maggioranze di minoranza e minoranze di maggioranza. Sergio “allegria” Mattarella dovrà pattinare sul ghiaccio come OndrejHotarek per venirne a capo, sciare fra le piste meglio di Alberto Tomba per dare a questo Paese una alternativa di governo, uno scarabocchio di maggioranza, uno straccio di premierato, un bigmamino di legislatura. Come detto, nessuno ha i numeri per governare, né la coalizione di Centro-Destra, né il Movimento Cinque stelle. Lo sparring partner si chiama PD, il quale però ne ha già prese tante dall’elettorato che come un pugile suonato ha afferrato le corde, e non ha nessuna voglia di continuare a prenderne. Per sommo paradosso allora, con il partito renziano fuori dai giochi, Five Stars e Lumbard dovrebbero governare insieme. Ma si sa che Lega e Grillini non potranno farlo, se non a costo di neutralizzarsi reciprocamente come Eteocle e Polinice sotto le mura di Tebe.  Perderebbero tutto il loro potenziale e la loro carica sovversiva, e il loro sarebbe il bacio della morte, una reciproca carneficina di Liegnitz, come quando si scontrano due mali di pari portata, in una ecatombe finale e deleteria per il Paese.  E siccome nessuno dei due vuole restare con la pistola fumante in mano, entrambi tentano di scongiurare questo mezzogiorno (e mezzo) di fuoco. Avrà dunque la meglio chi sarà più abile nell’arte della simulazione e nel gioco del compromesso. Sia Matteo- for president- Salvini che Giggino Di Maio dovranno dimostrare di tenere mucho a governare, di essere in sommo grado preoccupati per le sorti del Paese, di tentarle tutte, ma in realtà fare la mossa, se non ammuina, sotto sotto tramare per evitare una simile congiuntura. Sic stantibus rebus, nella constatata impossibilità di formare un governo, Mattarella non potrebbe che dare l’incarico a qualcun altro, comporre un “governissimo” con tutti dentro. L’incarico di Premier dovrebbe andare non ad un esponente della Lega né ad uno dei Cinque Stelle, ma ad una personalità esterna, più o meno super partes. A chi darebbe allora l’incarico, brizzolo Mattarella? Magari a Claudio Baglioni (vero trionfatore del Festival di Sanremo 2018, dati i disastrosi risultati di vendita dei dischi del festival) che ha appena pubblicato un album proprio intitolato “Al centro”. Il brizzolo presidenziale potrebbe affidare un incarico esplorativo al brizzolo canzonettaro. Quest’ultimo, coadiuvato dalla giuria di qualità (composta da Mara Maionchi, Albano, Massimo Cacciari, Sferaebbasta, Pierluigi Pardo e Klaus Davi), inizierebbe gli audits delle varie forze politiche, affidando infine l’incarico di formare la maggioranza di governo a quelle ritenute più talentuose, in possesso dell’ “I Factor” (Fattore Italia). Dico Claudio Baglioni, per indicare una personalità italiana altamente rappresentativa e riconosciuta, ma naturalmente i nomi sono tanti. Potrei citare Mario Adinolfi, leader del Popolo della famiglia, o in alternativa il Crociato di “Avanti un altro”. Se poi anche il Claudio nazionale fallisse, Sergione Mattarella avrebbe un’altra chance, prima di sciogliere le Camere e tornare al voto. Cioè comporre un comitato di 5 saggi a cui affidare il compito di varare una nuova legge elettorale, condurre l’ordinaria amministrazione e traghettare a nuove elezioni. Il comitato potrebbe essere formato da Vittorio Sgarbi, Cruciani e Parenzo, che valgono per uno, Pierluigi Zingales, lo stesso Adinolfi e Floriana del Grande Fratello. Se quest’ultima possibilità naufragasse, a “Mato Matto” Mattarella non resterebbe che gettare la spugna.  Ma anche nel caso di un governissimo, le chances di stabilità sono remote.  Sicché Pentastellati e Leghisti si crogiolererebbero per i danni arrecati da un siffatto ircocervo e attenderebbero che lo sfinito Sergione mettesse fine alla legislatura. A quel punto, nella ventura di nuove elezioni, entrambi sono convinti di raddoppiare i consensi. Ecco perché Salvini continua a giurare fedeltà alla sua coalizione di centro-destra: non può certo perdere quel prezioso sostegno di Forza Italia e Fratelli d’Italia che sarebbero puntelli per il suo successo. Allo stesso modo, il Movimento Cinque Stelle continua a sbandierare la propria alterità, a dichiararsi fiero delle proprie presunte mondizia, incorruttibilità, autarchia. Stay tuned, staremo a vedere.

Paolo Vincenti

11 marzo 2018