di Marcello Buttazzo –

Lo zelante sottosegretario Vito Crimi e il Movimento 5 Stelle hanno deciso di non rinnovare la convenzione a Radio Radicale. Una radio, che ha fatto la storia nel nostro Paese, ha svolto un ruolo di informazione plurale, di formazione politica. Una emittente che, da più di quarant’anni, assicura la trasmissione quotidiana delle sedute parlamentari, dei comizi di tutti i partiti, di molti processi. E pensare che Lega, Pd, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Gruppo Misto intendevano prorogare di sei mesi la convenzione. Ora sono a rischio 100 posti di lavoro. Non è un buon segno per la democrazia, per la libertà, per il senso d’adesione civica, quando un’emittente valorosa viene spenta dalle istituzioni, quando qualcuno tace la sua voce. Ricordo che, una decina d’anni fa, c’erano diversi quotidiani politici d’approfondimento cartacei, in edicola: “L’Unità”, “Liberazione”, “Il Riformista”, “Europa”. Piano piano, in passato, queste testate hanno dovuto chiudere. Avremmo atteso, da un governo che pomposamente s’è autodefinito “del cambiamento”, quantomeno un’inversione di tendenza. Epperò, i deputati grillini, con l’esimio Vito Crimi in testa, sono stati perentori nel tagliare drasticamente tutti i fondi all’Editoria. Certo, per Toninelli, Barbara Lezzi e e Giggino Di Maio è sufficiente il blog delle Stelle di Beppe Grillo per avere un’informazione “capillare”, “veritiera”, ad ampio spettro dell’esistente. I deputati del Pd hanno chiesto a Vito Crimi e compagnia spiegazioni sulla chiusura di Radio Radicale. La risposta dei moralizzatori grillini è stata misera e avvilente: “Dopo tanti anni di mangiapane a tradimento, basta con il finanziamento pubblico”. Chiamare “mangiapane a tradimento” i figli politici di Pannella e Bonino è un insolente artificio semantico, una falsità, una volgarità. 
Marcello Buttazzo