Dell’inumano Matteo
di Marcello Buttazzo –
Matteo Salvini, in questi giorni, è stato impegnato in Brianza in campagna elettorale. I suoi “trionfali” cavalli di battaglia sono arcinoti, sono i paradigmi basilari su cui si fonda la sua insistente e ripetitiva propaganda: quota 100, gli immigrati, la sicurezza, la “nuova” legittima difesa. Nel corso dei comizi, il vicepremier e ministro dell’Interno leghista sa infiammare la piazza con frasi ad effetto. Quasi sempre le stesse. A Paderno Dugnano, Salvini, plaudito dalla folla adorante, ha avuto l’impudenza e il cattivo gusto di dire, fra le altre cose: “Noi lavoriamo per aiutare chi fa i figli e non perché i bambini arrivino dall’altra parte del mondo belli e confezionati nei barconi”. Per intanto, ci sfuggono ampiamente le “mirabolanti” politiche per le famiglie autoctone, portate avanti dalla Lega e dal governo giallo-verde. Eppoi, più d’ogni cosa, ancora una volta, dobbiamo riscontrare la mortificante aridità e la tragica approssimazione per difetto del povero lessico di Matteo padano. Quei “bambini belli e confezionati nei barconi” sono piccoli povericristi, che fuggono con le loro mamme e i loro papà da fame, miseria nera, guerre, persecuzioni. Ci chiediamo: quando impara, Salvini, ad essere più rispettoso con l’umanità?
Marcello Buttazzo
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